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COMUNICAZIONE NON VIOLENTA (CNV) O EMPATICA:

IL LINGUAGGIO GIRAFFA

COME NASCE LA CNV

La comunicazione non violenta nasce dal grande cuore del dottor Marshall Rosemberg, psicologo clinico americano che lasciò l'Università e il suo lavoro per dedicarsi completamente all'insegnamento del processo comunicativo da lui ideato. Senza conoscere qualcosa di lui non possiamo comprendere appieno la CNV.

Rosemberg, da psicologo clinico, aveva una lunga esperienza di osservazione dei sentimenti e bisogni umani e iniziò a chiedersi cosa fosse davvero l'amore; arrivò alla conclusione che l'amore non è solo qualcosa che sentiamo, ma qualcosa che doniamo quando riveliamo onestamente noi stessi, con l'unico scopo di esprimere ciò che è vivo in noi, senza dare colpe, criticare o punire. E quando ci poniamo in ascolto dell'altro allo stesso modo, ricevendo il suo messaggio con empatia, accogliendo senza giudizio il suo bisogno profondo, ciò che vorrebbe chiedere, ci stiamo donando con amore.

La CNV ci aiuta a manifestare quello che Rosemberg intende per amore, ma per farlo doveva creare un linguaggio nuovo, che venisse dal cuore.

La CNV è più di un processo di comunicazione, è uno strumento dinamico al servizio di ciò che è vivo in ognuno di noi, rendendoci consapevoli che dietro ad ogni giudizio o critica c'è l'urlo di un bisogno non ascoltato ed espresso male. Cosa significa l'espressione "ciò che è vivo in noi?"  Dietro un bisogno non espresso è nascosta molta forza vitale che aspetta di essere contattata e possiamo esprimerla onestamente, con semplicità, senza criticare o insultare gli altri. Una volta compreso questo meccanismo possiamo intendere i bisogni altrui anche se sono espressi sotto forma di critica, giudizio o attacco nei nostri confronti.

"L'amore non è rinunciare a noi stessi per gli altri, ma è esprimere onestamente i nostri sentimenti e bisogni e ricevere con empatia i sentimenti e bisogni dell'altra persona".

M. Rosemberg

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LA CNV PER ME

La comunicazione è sempre stata molto importante per me, eppure spesso la sensazione che mi lasciava è che fosse faticosa. Dopo un confronto o una discussione mi sentivo spossata; ma cosa stavo realmente comunicando? Quello che recepiva il mio interlocutore era che volessi convincerlo del mio punto di vista o che invece di offrire ascolto ed empatia stessi distribuendo consigli non richiesti.

Una tragedia su tutta la linea, perché ciò che volevo era solo chiedere che il mio pensiero venisse visto, riconosciuto e compreso. Desideravo aiutare la persona che si confidava con me, ma non capivo che il migliore aiuto possibile è stare in ascolto, senza giudizio. Fare domande per cercare di comprendere come si sente l'altro/a, perché nell'ascolto chi si apre si senta accolto; una volta accolti i sentimenti e i bisogni è la persona stessa in realtà a trovare le soluzioni che prima non vedeva. Non c'è bisogno di trovare rimedi per gli altri quando il vero sostegno sta nell'ascolto, a meno che non vengano richiesti.

La CNV non è un processo immediato, occorre praticarlo e richiede di riflettere prima di parlare, perché è un modo di rivolgerci alle persone a cui non siamo abituati. Non serve assolutamente per convincere gli altri a fare qualcosa per noi, anzi... Serve solo a comunicare come ci sentiamo davanti a dei comportamenti o quando ci vengono rivolte certe frasi, per comunicare al meglio i nostri bisogni facendo delle richieste per soddisfarli che non suonino come pretese: chi fa volentieri qualcosa che avverte come una pretesa, un ordine? Una richiesta viene accolta senza muri. Allo stesso tempo restiamo connessi ai bisogni e sentimenti dell'altro/a, perché tutti gli esseri umani condividono gli stessi bisogni ed è proprio questa connessione a permettere che una mia richiesta, dove possibile per chi la riceve, venga esaudita.

Imparare questo processo per me non è stato semplice: vengo da una famiglia in cui mia madre esprimeva spesso giudizi e critiche in modo aggressivo e dove mio padre non esprimeva mai i suoi bisogni o come si sentiva per amor di pace, cercando di accontentare tutti. Per molto tempo sono fuggita dalle liti e dalle discussioni, anche se erano confronti accesi, ma costruttivi, perché li vivevo come negativi. Questo mi ha portata a distaccarmi da me stessa, dall'ascolto dei miei sentimenti e bisogni. Ancora oggi se qualcuno mi si rivolge con toni alti e in modo aggressivo devo respirare un po' prima di pensare che anche dietro quella rabbia si nascondono bisogni non ascoltati e prestargli empatia mi richiede uno sforzo in più.

Quattro anni fa, nel mio percorso di Nuova Pedagogia, ho incontrato una compagna di corso che praticava la CNV da anni e ho osservato direttamente i benefici nella sua famiglia. Oggi la uso con i ragazzi a cui insegno, nelle mie relazioni personali e di lavoro, in famiglia; se non riesce subito non vi scoraggiate... Roma non è stata costruita in un giorno!

L'influenza positiva della CNV nella mia vita vale lo sforzo: l'onestà e la chiarezza verso me stessa mi porta a fare richieste con maggiore empatia e ha migliorato la mia capacità di ascolto.

Federica Masini

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LINGUAGGIO GIRAFFA

Rosemberg ha scelto la giraffa come simbolo del suo processo di comunicazione, perché fra i mammiferi è quella con il cuore più grande,  il collo lungo che le permette di vedere "oltre" e con le zampe forti per difendersi. E' un animale erbivoro, quindi non ha l'istinto aggressivo dei predatori, ma soprattutto è golosa di acacia... Lo sapevate che l'acacia ha le spine e la giraffa le riesce a mangiare senza ferirsi? Il potere trasformativo di questo linguaggio è molto forte.

Mentre per il linguaggio a cui tutti siamo abituati perché ci cresciamo viene chiamato SCIACALLO.

Rosemberg si divertiva a usare due pupazzi, uno a forma di giraffa e l'altro a forma di sciacallo, per simulare dialoghi con entrambi i linguaggi. Su internet trovate dei filmati originali o sottotitolati.

Vediamo come funziona:

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STIAMO CERCANDO PERSONE PER FARE PARTIRE UN GRUPPO DI AUTOFORMAZIONE IN CNV
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